Chiesa di San Ferdinando
Storia e architettura

La chiesa fu edificata dai gesuiti che, in origine, volevano costruire un luogo di culto da dedicare a San Francesco Saverio, canonizzato nel 1622. Per un paio d’anni i religiosi non riuscirono a trovare i fondi per i lavori, finchè Catalina Zunica de la Cerda y Sandoval, moglie del vicerè conte di Lemos, donò trentamila scudi d’oro.
La costruzione cominciò nel 1628 sotto la direzione di Giovan Giacomo di Conforto e, in seguito, sotto quella di Cosimo Fanzago, al quale si devono le decorazioni marmoree del presbiterio (trasformate poi nel XVIII secolo), alcuni arredi, come le acquasantiere sostenute da aquile, e la facciata, formata da due ordini. Il primo, in piperno e marmo, venne completato nel XVII secolo, mentre il secondo venne terminato tra il 1738 e il 1759. Di esso, durante il Risanamento, furono eliminate le volute laterali e le balaustre, in favore di un timpano classico come indicato nel progetto originario di Giovan Giacomo di Conforto.
Quando nel 1767 i Gesuiti vennero espulsi da Napoli, subentrarono i Cavalieri Costantiniani, che dedicarono la chiesa a San Ferdinando d’Aragona. Successivamente, nel 1837, il luogo venne affidato all’Arciconfraternita di Nostra Signora dei Sette Dolori e, nel 1853, venne restaurato per volere di re Ferdinando II.
L'interno

Nella chiesa si trovano numerose opere di Paolo De Matteis: ai lati del finestrone sull’ingresso troviamo San Francesco Saverio in estasi abbracciato al Crocifisso, nella volta della navata è dipinto il Trionfo della Religione sull’Eresia (1678), nell’abside sono conservati gli affreschi raffiguranti San Francesco Saverio che protegge la città dai flagelli, San Francesco Saverio che costruisce la chiesa e San Francesco Saverio con il cadavere della Regina Isabella, nel transetto sinistro e destro Storie della vita di San Francesco Saverio e di Sant’Ignazio, mentre nei pennacchi della cupola troviamo le Virtù teologali (Fede, Speranza e Carità) e la Giustizia.
Nel transetto sinistro, inoltre, sono poste le statue di David e Mosè, opera di Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, Angeli in marmo dello stesso Domenico Antonio Vaccaro, e il sepolcro di Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia e moglie di Ferdinando IV di Borbone, scolpito da Tito Angelini. Nel transetto destro, invece, altri Angeli in marmo realizzati da Giuseppe Sanmartino.
Sull’altare si trovava il dipinto che Luca Giordano realizzò intorno al 1880, raffigurante Sant’Ignazio da Loyola che rende grazie all’Eterno Padre, ora conservato nella Pinacoteca di Capodimonte. In precedenza, nella stessa posizione, si trovava in un primo momento il dipinto di Salvator Rosa con Francesco Saverio in gloria e, successivamente, quello di Cesare Franzacano con Francesco Saverio che benedice gli Indiani. Entrambe le opere, però, ora perdute, non riscossero l’approvazione dei Gesuiti che, alla fine, si affidarono al Giordano. In seguito, quando nel 1785 il dipinto venne trasferito da Federico II nel Museo Borbonico, al suo posto venne collocata un’opera di Antonio Sarnelli, raffigurante San Ferdinando e San Giacomo (ora perduta), che, in seguito, lasciò spazio ad un San Ferdinando di Federico Maldarelli.
Dove si trova - mappa
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