MICHELEMMÀ


musicaGuglielmo Cottrau testoSalvator RosadataXVII sec


 
E’ nata ‘mmiez’ô mare,
Michelemmá1, Michelemmá.
 
E’ nata in mezzo al mare,
Michela mia, Michela mia.
 
E’ nata ‘mmiez’ô mare,
Michelemmá1, Michelemmá.
 
E’ nata in mezzo al mare,
Michela mia, Michela mia.
 
Oje ‘na scarola2,
oje ‘na scarola,
oje ‘na scarola,
oje ‘na scarola.
 
Oh, una scarola2.
Oh, una scarola.
Oh, una scarola.
Oh, una scarola.
 
Li turche se nce vanno
a reposare.
 
I turchi ci vanno
a riposare.
 
Chi pe la cimma e chi
pe lo streppone.
 
Chi per la cima e chi
per il fondo.
 
Biato a chi la vence
a ‘sta figliola.
 
Beato a chi la vince
questa ragazza.
 
‘Sta figliola ch’è figlia
oje de notaro.
 
Questa ragazza che è figlia
oh di notaio.
 
E ‘mpietto porta ‘na
stella diana3.
 
E in petto porta una
stella diana3.
 
Pe fá morí ll’amante
a dduje a dduje.
Per far morire gli amanti
a due a due.

La canzone potrebbe risalire alle prime invasioni turche del XVII secolo. Fu “riscoperta” e rielaborata dal compositore Guglielmo Cottrau nel 1824 nell’ambito del suo lavoro di raccolta di antiche canzoni popolari. E’ quindi anche plausibile che, lo stesso Cottrau, si ispirò ad altre canzoni esistenti, visto che versi in parte simili si trovano nei testi di altri canti popolari campani risalenti ai secoli precedenti. Nel 1848 il librettista Achille De Lauzières ne pubblica una versione tradotta in italiano. Una leggenda attribuisce la paternità del testo a Salvator Rosa, pittore, incisore e poeta italiano, vissuto nel XVII secolo. Leggenda “rafforzata” da due falsi: il primo fu creato da una pronipote del pittore, che nel 1770 creò un falso libro di musiche composte da Salvator Rosa e lo vendette al compositore britannico Charles Burney; il secondo fu creato da Salvatore di Giacomo, che riprodusse una tipica stampa del Seicento con il testo della canzone, indicando come autore Salvator Rosa. Un mistero rimane anche il significato del testo che, molto probabilmente, è arrivato sino ai giorni nostri con più di una modifica o, come detto, per come lo conosciamo oggi è frutto di una rielaborazione di Guglielmo Cottrau. Per alcuni sarebbe una canzone dedicata ad una donna, facendo quindi risalire il termine “Michelemmà” alla contrazione di “Michela mia” o “Michela a mare” e l’utilizzo di “scarola” ad una ragazza ischitana. Per altri, invece, si tratterebbe di una filastrocca con cui una madre racconta la storia di un’isola, probabilmente Ischia che al tempo era oggetto delle mire dei Turchi. In questo contesto, quindi, “Michelemmà” diventa contrazione di “Michele ‘e ma’” (“Michele di mamma”, che affettuosamente è usato per dire “sciocco di mamma”), la “scarola” diventa la folta vegetazione di Ischia, la “stella in petto” corrisponderebbe a Serrara d’Ischia, comune più alto dell’isola, mentre la “cima” e lo “streppone” sarebbero rispettivamente la montagna e la spiaggia. Questa teoria sarebbe anche suffragata dal fatto che, nel brano di Ernesto Murolo, “Tarantelluccia” (1909), si parli di una nonna che canta al nipotino questa canzone. Altri identificano “Michele” nel patrono di Ischia, San Michele.
Tra le interpretazioni della canzone, ricordiamo quelle di Roberto Murolo, Franco Ricci, Fausto Cigliano, Sergio Bruni, Mirna Doris, Consilia Licciardi e Massimo Ranieri.
1 Parola dall'oscuro significato, le traduzioni più attendibili gli assegnano il significato di "Michela al mare" o "Michela mia".
2 La scarola è una verdura amarognola tipica del Sud Italia. In questo caso, alcuni studiosi fanno derivare il termine “scarola” da “iscarola”, cioè ischitana.
3 L'astro di Venere, che annuncia la luce diurna.

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