Brividi d’Estate 2016 a Napoli

Dal 24 giugno a 7 agosto, presso l’Orto Botanico di Napoli, si terrà la XVI edizione della rassegna teatrale estiva

brividi d'Estate 2016Dal 24 giugno a 7 agosto 2016, alle ore 21.00, presso l’Orto Botanico di Napoli, si terrà la XVI edizione di “Brividi d’estate”, rassegna che porterà in città due mesi di teatro, musica e giochi.
Ogni sera uno spettacolo diverso, ogni sera una suggestione, un brivido. Il carrozzone delle emozioni sta per partire anche quest’anno. Trentuno appuntamenti diversi: spettacoli, serate musicali, laboratori e, ogni sabato, in contemporanea con gli spettacoli, “I delitti della luna piena”, la cena con delitto sotto le stelle.
Info e prenotazioni 0815422088 347 4287910

Venerdì 24 giugno, ore 21.00
FLO IN IL MESE DEL ROSARIO
con Flo, Ernesto Nobili chitarre, Marco di Palo violoncello Michele Maione percussioni

“Il mese del rosario” è la cronaca di città ed esistenze sospese nel tempo e nello spazio, in perfetto equilibrio tra pietà e disincanto. Canzoni esposte al sole di controre indefinite, ai moti di un vivere spregiudicato, ritmico, pulsante, ma ben nascosto sotto un’imperturbabile quotidianità. Una quotidianità in cui si recita il rosario con passione ardente, la stessa con cui forse si è peccato. Un concerto in cui coesistono il calore dell’indulgenza, la rassicurante memoria delle storie raccontate e il gentile libertinaggio dell’animo umano.

Dal 25 al 26 giugno, ore 21.00
PROCESSO AD UNA STREGA
di Annamaria Russo, con Marianita Carfora, Antonello Cossia, Pepppe Romano, Andrea De Rosa, Bruno Minotti, Ramona Tripodi
Uno testo tratto dagli atti di un processo del Santo Tribunale dell’inquisizione. Uno spettacolo, che parte dalla storia buia del ’600, per raccontare la storia eterna del pregiudizio che diventa follia. Bianca è una donna sola. Si guadagna da vivere, distillando le erbe, curando gli infermi con i rimedi naturali, imparati da sua nonna. Bianca è giovane. Bianca è bella. Bianca s’innamora di un uomo sposato. A Bianca la libertà e l’amore costeranno un’accusa che è già una condanna a morte. Basta una parola sussurrata all’orecchio giusto. Basta una parola: strega, e per Bianca è la fine.
Il processo ad una strega è uno spettacolo di grande impatto scenico e enorme suggestione. Si apre con la caccia alla strega, tra il pubblico. Dopo la cattura il processo, le deposizioni, la dolente arringa della Strega e il drammatico epilogo dell’esecuzione.

Lunedì 27 giugno, ore 21.00
MEMORY2
con Giulia Amodio, Teresa Battista, Francesca Capasso, Federica Di Gianni, Emanuele Di Mauro, Christian La Sala, Angela Fabiano, Hugo Fonti, Daniela Montella, Valerio Pietrovita, Antonio Testa
Admeto è tutti gli uomini, uomo e marito al quadrato invaso di irrisolto amore e di rabbia politica per il suo popolo, popolo di genitori e figli, popolo incapace di amarlo fino al punto di annullarsi morendo per lui: da questo risentimento nasce l’urgenza d’amore, il sacrificio, l’atto di sottrazione di Alcesti sposa e agnello sacrificale. Intorno brulicano ancelle, inciuci, presagi, commentari, dal basso umano all’alto divino, fino al signor becchino (che almeno lui, mi ascolti un poco!) segno grottesco di un offertorio incapace di offrire vita, ma eterna memoria di degna sepoltura. Tutto si compone come in un puzzle, pezzo dopo pezzo, in una somma che è più del totale, in una pira di simbolici oggetti per la vittima sacrificale, ché sappiamo donare cose più del tempo di cui siamo gelosi. La vita e la morte giocano così il loro banale duello intellettuale, fatto di inciampi e giochi di potere, di scandali malcelati, di xenìa→ospitalità come rito catartico che cela la quotidiana ubriachezza e l’errore reiterato→amartìa che, certamente, e in forma d’arte, dobbiamo imparare ad espiare. Il Vesuvio domina e intimorisce questa grecità attuale, nel suo coro capace ormai solo di ridere, piangere, e dire grazie. L’unica festa che ci resta è quella esaltata di un funerale che ci resuscita tutti, entusiasti, etimologici, con il dio dentro, e fuori.
E in questo ciclo di continue resurrezioni d’amore, in questa memoria di una morte che non ha sapore definitivo, ogni giorno dovrebbe essere accompagnato da una vecchia canzone e da una nuova poesia.

Mertedì 28 giugno, ore 21.00 SON TUTTE BELLE LE MAMME DEL MONDO
di Manlio Santanelli, con Gea Martire
Testo dalla struttura poco ortodossa ‒ si tratta infatti dell’alternarsi di due monologhi che, come due rette parallele, non si incontrano se non all’infinito ‒ Son tutte belle le mamme del mondo? mette in scena lo sfogo sincero di due madri devote del patrono di Napoli, di due oranti che, ciascuna dal suo punto di vista, non hanno alcun dubbio di essere nel giusto. Ma, essendo la giustizia unica per definizione, è giocoforza che una delle due donne sia nel torto. E, tuttavia, si tratta pur sempre di una madre che esprime una pena sincera e che, anche se non può aspirare minimamente alla nostra giustificazione, merita comunque una certa dose di comprensione.
Questi, in due parole, gli intenti dell’autore. Se poi, dietro le argomentazioni delle due madri qualcuno vorrà intravedere le contraddizioni di una città come Napoli, che al pari delle devote, non conosce mezze misure, chi scrive non può che uscirne ulteriormente gratificato.

Mercoledì 29 giugno, ore 21.00
VARIETA’ DI DONNE
con Antonella Morea, al piano Vittorio Cataldi
Varietà di donne: un omaggio alle “svariate” donne che Antonella Morea, in quarant’anni di carriera, ha interpretato sia nella recitazione che nel canto. Ma è anche un omaggio al Varietà, agli anni d’oro del Cafè Chantal e degli autori di quei tempi quali Riccardo Pazzeggia, Patroni Griffi, Tonino Esposito. Un varietà di canto e parole con l’accompagnamento musicale del Maestro Vittorio Cataldi.

Giovedì 30 giugno, ore 21.00
REGINE SORELLE
con Titti Nuzzolese, drammaturgia e regia Mirko De Martino
Maria Antonietta e Maria Carolina d’Asburgo: le figlie di Maria Teresa d’Austria, le due mogli del re di Francia Luigi XVI e del re di Napoli Ferdinando di Borbone. Due regine, due mogli, due figlie. Ma forse, soprattutto, due sorelle. Da piccole, Antonietta e Carolina erano fortemente legate l’una all’altra, ma vennero ben presto divise dal corso della storia e dalle necessità della politica. Vissero da protagoniste inconsapevoli durante uno dei periodi più cruenti e importanti della storia: Maria Antonietta venne ghigliottinata in piazza a Parigi, Maria Carolina morì vecchia e sola. Lo spettacolo racconta queste due figure eccezionali utilizzando una chiave pop, moderna e colorata, divertente e giocosa, con un pizzico di nostalgia e di fascino per un mondo irrimediabilmente scomparso. Intorno alle dure regine si muove una folla numerosissima di personaggi pittoreschi e intriganti, famosi e sconosciuti, a cui dà vita la straordinaria versatilità di Titti Nuzzolese, interprete unica di uno spettacolo ricchissimo di comicità e dramma, di storie e di voci, di emozione e fascino.

Dall’1 al 3 luglio, ore 21.00
FEBBRE PER IL COMMISSARIO RICCIARDI
di Maurizio de Giovanni, con Paolo Cresta
La passione brucia il sangue, gli occhi, la vita. La passione è una febbre che non lascia scampo. Ti scivola dentro, a tradimento. Coglie l’ attimo in cui l’anima è scoperta e si fa strada dagli occhi, per invadere il cuore, le viscere, il cervello. La passione è una febbre che si insinua, un morbo letale e democratico che devasta senza riguardo ricchi e poveri, uomini e donne, buoni e cattivi, giovani e vecchi. La passione è una febbre con la quale il commissario Luigi Alfredo Ricciardi deve confrontarsi ogni giorno. Spettatore attonito degli orrori figli della passione. E’ il maggio del 1932, Ricciardi si muove nel dedalo intricato dei vicoli napoletani, nelle orecchie tre numeri; negli occhi l’immagine di un uomo, morto; nella mente un unico pensiero: la passione è una febbre che uccide.
Febbre è l’unico episodio, della serie del commissario Ricciardi, raccontato in prima persona. I pensieri, le emozioni, il dolore di Luigi Alfredo Ricciardi, il poliziotto nato dalla penna di Maurizio de Giovanni, che vede i morti, avranno la voce di un interprete straordinario: Paolo Cresta.

Martedì 5 luglio, ore 21.00
REGINE
di Francesca Gerla, Chiara Tortorelli, Arnolfo Petri, Pino Imperatore, Giuseppe Bucci, con Rosaria De Cicco
Si ispira alla simbologia delle carte da gioco francesi Regine, l’opera in quattro monologhi interpretati da Rosaria De Cicco. Nati da una idea delle scrittrici Francesca Gerla e Chiara Tortorelli, i monologhi di Regine sono le voci di eroine all’inverso, in disgrazia, rappresentative della società contemporanea, delle sue nevrosi e contraddizioni, e ne raccontano la quotidianità drammatica, surreale, simbolica, ironica. Scritto da Arnolfo Petri, il monologo Mena rappresenta la regina di Quadri, nuova prostituta, ora boss di camorra, che ha ormai perso memoria della figura umana e poetica di una mamma, come Filumena Marturano. Da Chiara Tortorelli nasce il personaggio di È solo una favola, amore associato alla regina di Picche, nuova adolescente che il mondo dei social network o della emancipazione non mette al riparo da depressione, anoressia e isolamento causate da abusi in famiglia.
La donna immaginata da Francesca Gerla, in Io non so nuotare, ha la fragilità e insieme la forza della regina di Fiori, nuova mamma, eroina profuga che ha viaggiato incinta sui barconi e non capisce il rifiuto dell’Occidente a prestare aiuto a lei e al suo bambino. L’amore omosessuale è il tema del monologo La voce di Laura scritto dal regista Giuseppe Bucci e ispirato a La voce umana di Jean Cocteau, per la regina di Cuori, amante abbandonata al telefono, donna lesbica che, in una società ancora omofoba, non può opporsi al desiderio di famiglia e figlio naturale della donna che ama.

Mercoledì 6 luglio, ore 21.00 COITO ERGO SUM
di e con Alessandra D’Ambrosio (Lo spettacolo è vietato ai minori di 14 anni)
Una personal sexual trainer si cimenta in un breve ma intenso seminario sull’erotismo. Lo spettatore sarà guidato e coinvolto alla scoperta del piacere in ogni sua sfumatura. Grazie ad aneddoti personali, casi storici e dati scientifici, lo spettatore si troverà ad acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità erotiche. La personal sexual trainer è un avvocato quarantenne che abbandona la freddezza del Diritto Tributario per l’infuocata ricerca del gemito alla sua massima potenza. Una guru della fellatio, un’accanita dispensatrice di consigli per l’uso ma, al contempo, una donna alla ricerca del proprio perduto piacere.
Uomini – e donne – siete sicuri di sapere tutto sul sesso? Siete capaci di rendere schiavo del piacere il vostro partner? Lei, in qualità di personal trainer, testerà le vostre abilità e vi condurrà alla conquista del mondo … o almeno vi insegnerà a fingere dignitosamente!

Giovedì 7 luglio, ore 21.00
ANIMALI COME NOI
con Paolo Cresta e Carlo Lomanto
Vi siete stancati di tutte quelle letture “dolciastre” sugli animali? Vi vergognate di aver avuto nella vostra infanzia la passione per gli “orsacchiotti” o i “coniglietti”? Gli animali vi piacciono ancora e siete contrari alla caccia però… vorreste voltare pagina, leggere sugli animali qualcosa di diverso, che ve li faccia sentire vicini, ma senza smancerie? Non lasciatevi sfuggire “Animali come noi” ovvero una sana boccata di realismo animalesco, ironico, pungente, coinvolgente. Capirete cosa passa per la mente di un topo che vive in un laboratorio e prende coscienza della sua intelligenza, o di quanto possa essere complicata la vita di uno scarafaggio che vive nello sterco e si innamora di una maggiolina che ama i fiori. Conoscerete i problemi d’amore e il sesso che affrontano le lumache che scoprono di averne due di sessi e “il” mantide che sa che per riprodursi dovrà morire. Saprete quanto può essere difficile e continuamente fraintesa la comunicazione tra i pesci che hanno solo una comunicazione non verbale.
Consigliato a chi non accetta ricette di buonismo preconfezionato, ma vuole guardare con i propri occhi e fare esperienze sulla propria pelle.

Venerdì 8 luglio, ore 21.00 SHAKESPEA RE DI NAPOLI
Scritto e diretto da Ruggero Cappuccio, con Ciro Damiano e Claudio Di Palma
Reto Shakespeare parla napoletano. Magari un napoletano che suona come una fantasiosa lingua neobarocca, sotto il cielo di una notte di plenilunio. Shakespea Re di Napoli è un bisticcio, un gioco di memorie di fatti ambigui, forse mai avvenuti, ma che assomigliano al vero. Napoli, XVII secolo. Al riparo di una riviera del Golfo di Napoli, scampato di fresco ad una tempesta, Desiderio, ragazzo aggraziato, bisbiglia sognante a Zoroastro, popolano verace, il ricordo di una festa di carnevale di anni addietro: è allora che fra canti e danze, avrebbe conosciuto il grande Bardo, che gli sarebbe apparso nei panni, mascherati, del Viceré di Napoli. Un incontro denso di sviluppi: Shakespeare vorrà Desiderio con sé, in Inghilterra per farlo diventare l’interprete dei ruoli congeniali a “un guaglione ca de masculo e de femmena la faccia tenesse”. Li separerà più tardi la paura della peste, arrivata Oltremanica, ma soprattutto la nostalgia di Desiderio per il suo Mediterraneo. Il ritmo e la musicalità del teatro di Ruggero Cappuccio (oggi il più interessante talento del nuovo teatro partenopeo), in una magica sospensione fra veglia e sogno e grazie ad una fantasiosa lingua neobarocca, realizzano miracolosamente una visionaria equazione con la lirica di Shakespeare che ritorna sulla scena con una nuova, inattesa potenza espressiva. “In molti – spiega Cappuccio, che della pièce è anche regista per la sua Compagnia Teatro Segreto – hanno teorizzato interno all’origine ispirativa dei 154 Sonetti di Shakespeare. Da un’attenta lettura dei versi si deduce che il giovane amico “… dai profondi occhi sognanti” per il quale Shakespare innalzava il suo canto struggente, doveva essere una persona in grado di rappresentare un fattore vitale per l’evoluzione dell’arte drammaturgica del grande William. In Shakespea Re di Napoli il mistero dei Sonnets si addensa in una storia in cui le antiche suggestioni legate a Willie Huges e l’attore fanciullo del teatro elisabettiano, sfociano in un racconto che nella fantasia e nella forza immaginativa pone radici per una pura in intuizione poetica sulla natura dei Sonetti.”
Shakespeare parla napoletano. Magari un napoletano che suona come una fantasiosa lingua neobarocca, sotto il cielo di una notte di plenilunio. Shakespea Re di Napoli è un bisticcio, un gioco di memorie di fatti ambigui, forse mai avvenuti, ma che assomigliano al vero. Napoli, XVII secolo. Al riparo di una riviera del Golfo di Napoli, scampato di fresco ad una tempesta, Desiderio, ragazzo aggraziato, bisbiglia sognante a Zoroastro, popolano verace, il ricordo di una festa di carnevale di anni addietro: è allora che fra canti e danze, avrebbe conosciuto il grande Bardo, che gli sarebbe apparso nei panni, mascherati, del Viceré di Napoli. Un incontro denso di sviluppi: Shakespeare vorrà Desiderio con sé, in Inghilterra per farlo diventare l’interprete dei ruoli congeniali a “un guaglione ca de masculo e de femmena la faccia tenesse”. Li separerà più tardi la paura della peste, arrivata Oltremanica, ma soprattutto la nostalgia di Desiderio per il suo Mediterraneo. Il ritmo e la musicalità del teatro di Ruggero Cappuccio (oggi il più interessante talento del nuovo teatro partenopeo), in una magica sospensione fra veglia e sogno e grazie ad una fantasiosa lingua neobarocca, realizzano miracolosamente una visionaria equazione con la lirica di Shakespeare che ritorna sulla scena con una nuova, inattesa potenza espressiva. “In molti – spiega Cappuccio, che della pièce è anche regista per la sua Compagnia Teatro Segreto – hanno teorizzato interno all’origine ispirativa dei 154 Sonetti di Shakespeare. Da un’attenta lettura dei versi si deduce che il giovane amico “… dai profondi occhi sognanti” per il quale Shakespare innalzava il suo canto struggente, doveva essere una persona in grado di rappresentare un fattore vitale per l’evoluzione dell’arte drammaturgica del grande William. In Shakespea Re di Napoli il mistero dei Sonnets si addensa in una storia in cui le antiche suggestioni legate a Willie Huges e l’attore fanciullo del teatro elisabettiano, sfociano in un racconto che nella fantasia e nella forza immaginativa pone radici per una pura in intuizione poetica sulla natura dei Sonetti.”

Dal 9 al 10 luglio
JACK LO SQUARTATORE – liberamente ispirato a Il Pensionante di Marie Belloc Lowndes.
con Marco Palumbo, Lucia Rocco, Fabio Rossi, Sabrina Silvestri, Regia Annamaria Russo
In una Londra di fine ottocento, in uno squallido quartiere, vive una coppia di coniugi dal passato equivoco e dal presente laido. Pochi soldi per mangiare, pochissimi per riscaldare la loro casa, e un futuro di patimenti incombente. L’unica soluzione possibile: affittare camere e tentare di sopravvivere con questo modesto provento. Ma le camere per ora restano vuote. Nel frattempo, dall’esterno giunge l’eco di una serie di fatti criminali, più esattamente omicidi, commessi in tempi molto ravvicinati, con modalità analoghe e addirittura “firmati” su pezzetti di carta grigia da un assassino seriale. Il marito pare interessato e coinvolto dai discorsi, dai commenti, dal procedere delle indagini; la moglie non ne vuole sapere nulla e questo è un ulteriore motivo di discussione tra due coniugi già resi nervosi e irritabili dagli eventi privati. Tutto, insomma, procede nella consueta direzione: verso la catastrofe economica e personale. Finché arriva una svolta: qualcuno bussa alla porta.

Martedì 12 luglio, ore 21.00
LE DISAVVENTURE DI MR. ALONE
di e con Sergio Di Paola, regia Lucio Allocca
Mr Alone ha “cittadinanza di diritto” nel Teatro dell’Assurdo, teatro che racconta la realtà attraverso il paradosso. Troviamo il nostro protagonista come un sopravvissuto in un “Day After” … più dell’anima che del territorio. Alone si è salvato, perché ha conservato dentro di sé la semplicità, la fantasia, il desiderio di comunicare con gli altri, e lo fa attraverso il richiamo della musica, del gesto semplice, “fanciullesco”, con il linguaggio delle piccole cose, cercando contatto e comunicazione con altri eventuali “sopravvissuti”, nella speranza di formare la “Nuova Colonia” del domani, un domani dove l’amore, la solidarietà e la fantasia prevarranno sull’alienazione e sull’indifferenza.
Questa performance è un modesto e sentito omaggio a Samuel Beckett.

Mercoledì 13 luglio, ore 21.00 ϋBERMOZART
di e con Roberto Azzurro

Giovedì 14 giugno
LA MORTE DELLA BELLEZZA
Romanzo classico e storico. E’ la vicenda di un amore omosessuale fra due giovani, sullo sfondo di una Napoli in piena guerra e sotto i bombardamenti aerei; amore sensuale e sentimentale, controverso e negato, che l’atmosfera crudele e incantata di una città fatale rende simbolico come le fiamme che la esaltano e distruggono. Emerge il conflitto fra l’educazione sentimentale e la celata omosessualità del sedicenne Eugenio che, insidiato dal giovane tedesco Lilandt, prima lo rifiuta e poi si getta impetuosamente in un legame amoroso. Cinque leggii sono l’unica scenografia, resi viventi da un accordo di morbide e graffianti voci che illuminano il palcoscenico e rendono irresistibile La morte della bellezza, romanzo classico e storico di Patroni Griffi. Qui il soggetto non è soltanto quello dichiarato in prima battuta Com’era bella Napoli quaranta anni fa, ma anche l’omosessualità, che lo scrittore-regista narra con cenni insoliti e coraggiosi, afferrati nella sua intrinseca e naturale inclinazione scenica dal riadattamento di Nadia Baldi. Nella Napoli del ‘43, sotto i bombardamenti incessanti, brucia la storia di due giovani la cui straordinaria bellezza ha come sfondo una città contraddistinta, quaranta anni fa, dallo splendore di Posillipo e del mare….meglio che i Caraibi . La mimesi linguistica, presentata con grazia ed ironia dalle cinque protagoniste, celebra la consacrazione, da parte di Eugenio e Lilandt, ai sensi del corpo, alla voluttà di un amore tormentato, negato ed in seguito bramato. Ebbe la sensazione che tutta quanta la sua vita, con la rapidità di una fisarmonica che si chiude, si concentrasse per arrivare a questo momento.
La morte della bellezza, nel riadattamento, rispetta ed esalta lo “stile d’acqua” di Patroni Griffi che, associato alla capacità da parte delle interpreti nel trattare con una rara attitudine gestuale e vocale un argomento così delicato come la omosessualità, scorre fluente come acqua. La rielaborazione del testo evidenzia una grande abilità femminile a raffigurare con destrezza e maestria l’avvenenza e la riluttanza di un amore maschile. Una nota caratteristica si concentra sull’ironia di pezzi musicali che irrompono prepotentemente sulla scena, adeguandosi alla situazione ambientale concreta di una Napoli sempre sospesa tra farsa e realtà

Venerdì 15 luglio, ore 21.00 GOLCONDA
Regia e coreografia di Erminia Sticchi con Skaramacay Art Factory (Imma Tammaro, Annalisa Pistone, Ilaria Punzo, Vanessa Trulio, Amina Arena, Chiara Celotto)
A Golconda ti accorgi che la bellezza è ovunque …. Le emozioni, l’arte, la poesia nascono da fiori di fango. A Golconda capisci che solo dal fango si può generare la bellezza, solo dall’ abbrutimento la delicatezza, solo dall’indifferenza l’amore. A Golconda la vita scolpisce opere d’arte. Regia e coreografia di Erminia Sticchi con Skaramacay Art Factory ( Imma Tammaro Annalisa Pistone Ilaria Punzo Vanessa Trulio Amina Arena Chiara Celotto)

Dal 16 al 17 luglio, ore 21.00
MENECMI
di Plauto, con Marianita Carfora, Antimo Casertano, Renato De Simone, Andrea De Rosa, Lucia Rocco, regia Paolo Cresta
MENECMI è il prototipo della “commedia degli equivoci” di tutti i tempi, che conserva ancora, dopo secoli, un fascino intramontabile. Due gemelli, entrambi con lo stesso nome, separati dalla nascita, si ritrovano, a loro insaputa, nella stessa città: questa combinazione scatena una serie di situazioni comiche ed esilaranti scambi di persona, tra mogli, cortigiane e parassiti. Chissà che questo divertente “gioco del doppio” non celi, in realtà, qualcosa di più profondo…

Martedì 19 luglio, ore 21.00
PICCOLI CRIMINI CONIUGALI, di Éric-Emmanuel Schmitt, con Antonio D’Avino e Gioia Miale
Quando vediamo un uomo e una donna davanti al sindaco o al prete, dobbiamo veramente chiederci quale dei due sarà l’assassino? Piccoli crimini coniugali è una brillante commedia nera con una suspense sorprendente, un vero divertimento ma anche una spietata riflessione sulla madre di tutte le guerre: quella dentro la coppia. Dopo aver subito un brutto incidente domestico, Lui torna a casa dall’ospedale completamente privo di memoria, ragiona ma non ricorda, non riconosce più neppure la moglie, che tenta di ricostruire la loro vita di coppia, tassello dopo tassello, cercando di oscurarne le ombre. Via via che si riportano alla luce informazioni dimenticate, si manifestano delle crepe: sono molte le cose che cominciano a non tornare. In questo giallo coniugale, in cui la verità non è mai ciò che sembra, la memoria, la menzogna e la violenza vengono completamente riviste per assumere dei significati nuovi, inaspettatamente vivificanti.
Schmitt gestisce la scrittura con grazia e freschezza, giocando briosamente tanto col metateatro quanto con oggetti ostici quali “la verità”, “la colpa” e, soprattutto, “l’amore”. Una macchina narrativa pressoché perfetta che svela impietosamente i meccanismi della coppia e i più intimi recessi dell’animo umano.

Mercoledì 20 luglio
SMILE – La tua vita in 35 millimetri
con Lalla Esposito
Un pianoforte, un clarinetto, un sax, un contrabbasso e una voce per compiere il rituale che da sempre seduce le nostre vite “il cinema”. I film che ci restano nell’ anima attraverso le immagini la musica che c’è li racconta rimarrà indelebile anche a distanza di anni riascoltando per caso le note che hanno fatto grande un film. Le più belle colonne sonore scandite da immagini raccontate.Non hanno nulla in comune ne per epoca ne per stile, quello che le lega e solo la contrapposizione voluta e cercata, così come sono arrivate nelle nostre esistenze…senza un criterio. Legate solo dalla pellicola che secondo il protagonista di Nuovo Cinema Paradiso se la si lecca ha un buon sapore.

Dal 22 al 24 luglio
LA MECCANICA DEL CUORE
di Mathias Malzieu, con: Marianita Carfora, Renato De Simone, Lucia Rocco, Fabio Rossi
“Uno, non toccare le lancette. Due, domina la rabbia. Tre, non innamorarti, mai e poi mai. Altrimenti, nell’orologio del tuo cuore, la grande lancetta delle ore ti trafiggerà per sempre la pelle, le tue ossa si frantumeranno, e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi.
Nella notte più fredda del mondo possono verificarsi strani fenomeni. È il 1874 e in una vecchia casa in cima alla collina più alta di Edimburgo il piccolo Jack nasce con il cuore completamente ghiacciato. La bizzarra levatrice Madeleine, dai più considerata una strega, salverà il neonato applicando al suo cuore difettoso un orologio a cucù. La protesi è tanto ingegnosa quanto fragile e i sentimenti estremi potrebbero risultare fatali. L’amore, innanzitutto.
Una favola dolce e spietata sul potere salvifico o fatale delle emozioni

Martedì 26 luglio SILVIA E I SUOI COLORI
di Roberto Russo, Con Francesca Stizzo e Aurelio De Matteis, regia Agostino Chiummariello
L’11 Giugno del 1997, a Napoli, Silvia Ruotolo di 39 anni, cade, vittima innocente, durante un regolamento di conti fra due clan camorristici. Silvia tornava a casa, con suo figlio che aveva appena prelevato da scuola, e si trovò nel momento sbagliato nel posto sbagliato. Questa è la cronaca. Fredda. Succinta. Nel 2009 scrissi un racconto-lettera, intitolato “Alla fine del Viale”, che venne inserito nella raccolta “La Ferita”. Tutti i racconti facevano riferimento ad una vittima innocente di camorra. Nel 2010 il racconto venne letto da Enzo Moscato nell’ambito del “Maggio dei Monumenti”.
Ma Silvia, per chi scrive, non era solo una terribile notizia di Cronaca che evidenziava il disagio e l’incertezza di vivere in una città come Napoli. Silvia era una mia amica di infanzia ed era l’immagine di tanti anni, dall’inizio degli anni 70 agli anni 90, che aveva accompagnato la crescita di entrambi ed il cambiamento di una città che, da “compagna di giochi”, si trasformava in luogo di ricordi e, allo stesso tempo, di contraddizioni. Ho “sentito” in questa piece di incontrare oggi, nuovamente, Silvia e di ripercorrere con lei, attraverso il gioco del Teatro, la nostra infanzia, quegli anni, i nostri primi turbamenti, le nostre gioie infantili, i distacchi, l’inserimento nel mondo dei “grandi”, fino alla consapevolezza di una realtà che, se può regalarti amore e gioie, può anche attenderti al varco, un giorno qualsiasi, e presentarti il conto solo perché sei figlio di questa meravigliosa e terribile terra.
Ma “Silvia ed i suoi colori”, oltre ad essere uno spaccato vivo, fortemente cromatico, poetico, di una vicenda personale e sociale e di un’epoca e di una generazione, è anche e soprattutto un atto di Amore e di Speranza. I due concetti sono strettamente legati perché l’unica Speranza per superare il dolore è l’Amore che tiene in vita. Ecco perché io non ho “raccontato” Silvia. Io ho reso Silvia per quello che è, e che sarà sempre: Vita e, lei stessa, Viva per sempre.
E nell’Amore che lega me, lei, i nostri anni da ragazzi e tutti i nostri ricordi, c’è anche la nostra Terra a volte matrigna, ma sempre, e comunque, Madre e Fonte Ispirativa per tutto ciò che siamo stati e che saremo.

Mercoledì 27 luglio, ore 21.00
IL BARONE RAMPANTE – lettura scenica
con Antonello Cossia e Leonardo Di Lorenzo
Nel 1957, Italo Calvino pubblica Il barone rampante, il più poetico e ricco dei romanzi della trilogia degli antenati, che comprende Il visconte dimezzato (1952) e Il cavaliere inesistente (1959). Questo libro che sfugge ad ogni definizione precisa, né racconto filosofico, né romanzo storico, è una bellissima, ironica e per nulla moralistica «parabola» della ragione utopica, ossia di un modello di ragione che, pur non riuscendo a modificare la realtà, rimane strumento rigoroso per conoscere il mondo. La vicenda del barone Cosimo Piovasco di Rondò che trascorre tutta la sua esistenza sugli alberi, vivendo un rapporto distante e separato dalla realtà storica e sociale, si fa metafora ed immagine dell’illuminista e dell’intellettuale in genere che partecipa, sì, alla storia e alla vita associata, ma conservando fino in fondo nei loro confronti un ironico distacco.
Dice Calvino: “la data di composizione illumina sullo stato d’animo. È un’epoca di ripensamento del ruolo che possiamo avere nel movimento storico, mentre nuove speranze e nuove amarezze si alternano. Nonostante tutto i tempi portano verso il meglio; si tratta di trovare il giusto rapporto tra la coscienza individuale e il corso della storia”.
Il barone rampante è l’uomo nel suo compimento, l’uomo che rifiuta l’arbitrario e la tirannia, che si separa dal mondo ma che paradossalmente continua a vivere in contatto con gli uomini, attento alle loro opere e ai loro dolori. Il racconto è accompagnato, animato e sostenuto dalla presenza di un batterista in scena, che attraverso una modalità percussiva fa da contraltare alle parole del testo, in linea con le sonorità di un ambiente campestre, in cui si dipanano i giorni e gli eventi della vita di Cosimo.

Giovedì 28 luglio, ore 21.00 NAPUCALISSE
di e con Mimmo Borrelli, con musiche dal vivo Antonio Della Ragione
Destato da un vecchio saggio, ironico ed estroverso, simile a un Pulcinella senza maschera, il Vesuvio/Lucifero è Napoli stessa, terra nata dal fuoco e dal diavolo. Solo dinanzi all’innocenza, il vulcano momentaneamente si placa, allietato dal vecchio artista di strada con “un’Apocalisse divertente”: il matrimonio di quartiere partenopeo. Ecco poi l’amaro. L’Assassino. Il Killer, assoldato dalla camorra, che dell’innocenza ha perso l’amore. Emblema di una Napoli feroce che più non crede ad un futuro. Alla Napoli condannata e alla Napoli innocente, Borrelli dedica un canto di struggente intensità e alta poesia. Per tutto il tempo, la bravura dell’attore, ipnotica ed esplosiva nell’utilizzo del ritmico dialetto della nostra cara Napoli, è supportata dalle impeccabili, avvolgenti e a tratti assai commuoventi musiche, eseguite dal vivo da Antonio della Ragione.

Dal 29 al 31 luglio INVITI SUPERFLUI
di Dino Buzzati, con Paolo Cresta e Rocco Zaccagnini
Parole che incantano l’anima, storie che semina dentro la voglia di ascoltare ancora. I racconti di Buzzati sono un giro di giostra tra emozioni che fanno bene al cuore. Sogno e fantasia, affidati alla voce di un interprete straordinario come Paolo Cresta e alle sonorità caleidoscopiche della fisarmonica di Rocco Zacagnini.
Martedì 2 agosto
LA VALIGIA
di Bruno di Marcello, con Mauro Serio
“La valigia” è un atto unico interpretato da un solo attore più un’attrice fuori campo. Il protagonista è, appunto, un attore che parla con la moglie (che è nell’altra stanza) e col pubblico (che è di fronte a lui e soprattutto nella sua testa) mentre fa e disfa di continuo la valigia per partire alla volta dell’ennesima, estenuante turnè. E la sua mente vaga dai ricordi professionali a quelli familiari, citando a memoria Shakespeare e Molière e prendendosela con i figli scansafatiche, mentre di tanto in tanto il telefono squilla portando quasi sempre brutte notizie. Un racconto sempre sul filo dell’ironia e della risata, pur con qualche momento in cui i toni diventano più seri, che parla della condizione precaria degli attori, soggetti ad alterne vicende di successi e insuccessi, ascese e rovinose cadute nell’oblio. Ma parlando dell’attore parla in fondo di ognuno di noi, della condizione umana che di fisso e sicuro non ha niente, che deve sempre reinventarsi per andare avanti ogni giorno. E guai se non ci fosse l’ironia.
Un monologo di circa un’ora, virtuosistico e spassoso, durante il quale il protagonista mostra le sue doti drammatiche e comiche e perfino canterine. “La valigia” è stato scritto pensando proprio a Mauro Serio, attore di razza e grande esperienza che ha vissuto in prima persona tutto l’iter di ogni attore navigato che si rispetti, dal teatro degli inizi alla televisione degli anni ruggenti.

Mercoledì 4 agosto, ore 21.00
TRE VOLTE PER AMORE
di e con Maurizio de Giovanni, con Francesco Desiato, Umberto Lepore, Giacinto Piracci
L’amore, quello nero, che intorbidisce il sangue, che uccide la ragione. L’amore, quello maledetto, che toglie il respiro, il sonno, la pace. L’amore, quello feroce, che aggroviglia le viscere, mozza il respiro, acceca la vista. L’amore quello spietato che si nutre di gelosia, di rabbia, di sangue. L’amore assassino. In tre volte per amore, Maurizio de Giovanni racconta la storia eterna della passione che diventa follia. Dell’amore che piano, con subdola determinazione invade la mente e si trasforma in delirio omicida. Tre casi di cronaca nera riletti dall’immaginazione e dalla penna di de Giovanni. Tre storie nelle quali l’amore diventa dannazione. Tre storie alle quali solo la voce dell’autore potevano restituire gli accenti struggenti e la ferocia agghiacciante che un delitto figlio della passione reca in sè.

Dal 5 al 7 agosto, ore 21.00 L’ULTIMA NOTTE DEL PRINCIPE DI SANSEVERO
di Annamaria Russo e Ciro Sabatino, con Marco Palumbo e Antonio Perna
E’ la notte del 22 marzo del marzo 1771. La notte in cui il più grande studioso, filosofo e alchimista di Napoli morrà. Raimondo de Sangro, il Principe di Sansevero è chino sul suo tavolo da lavoro, ingombro. Alambicchi, ampolle. Un calice. Alle sue spalle, un’ombra. Il profilo di Giuseppe Sanmartino. L’uomo che scolpì il Cristo Velato.E’ la notte del 22 marzo 1771.La notte delle rivelazioni, dei segreti…
Il Principe di Sansevero e Giuseppe Sanmartino si sono conosciuti ad una festa di corte, alla fine del 1752. Quando il Principe lo incontra per la prima volta lo scultore è pressoché sconosciuto. Secondo quanto riporta uno dei suoi maggiori biografi, Elio Catello, il Sanmartino fino a quel momento aveva realizzato una sola commessa per la città di Monopoli. L’ incontro con Raimondo de Sangro segna dunque una svolta nella vita del giovane. Naturalmente sono ancora oscuri i motivi per i quali il Principe decide di affidare il Cristo Velato ad un artista così sconosciuto. All’opera o meglio al progetto dell’opera, aveva lavorato il Corradini e tutta la “scuola” di scultori che ruotava intorno alla cappella e al Principe. Con un colpo a sorpresa, però, don Raimondo decide di affidare il lavoro proprio a Sanmartino che nel 1753 ha solo 33 anni. E’ storicamente accertato anche il documento notarile con il quale Sansevero “incastra” Sanmartino. Nulla , invece, si sa rispetto al motivo per il quale lo scultore decide di abbandonare il Principe subito dopo la realizzazione del Cristo Velato. Solo alcune leggende segnalano una serie di incontri misteriosi tra i due uomini. Dall’ipotesi di un ultimo incontro segreto tra questi due uomini, le cui vite erano legate insieme dal filo indistruttibile dell’arte, prende le mosse questo spettacolo. Dall’idea di un redde rationem tra due personalità enormi, di una spietata partita a scacchi la cui posta in palio fosse la morte o l’immortalità.

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