Maschio Angioino o Castel Nuovo
La sua costruzione risale al dominio angioino. Infatti, la nuova monarchia, insediatasi in città nel 1266 dopo gli Svevi, decise di aggiungere un nuovo castello ai due esistenti (sin dall’inizio, infatti, il castello fu chiamato “Castrum Novum” per distinguerlo da Castel dell’Ovo e Castel Capuano) per farne la fortificazione più importante della città e la sua grandiosa residenza. Così, nel 1279, cominciarono i lavori, affidati dal sovrano Carlo I d’Angiò all’architetto francese Pierre de Chaule, che terminarono nel 1282. Il re però non riuscì mai ad abitarvi visto che, malato, morì nel 1285 durante le campagne per sedare alcune rivolte nel sud Italia. A lui successe il figlio Carlo II lo Zoppo che si trasferì nel castello e lo ampliò adattandolo alle sue esigenze. Visto il forte legame della corona angioina con la Chiesa, Castel Nuovo fu teatro di importanti avvenimenti storici come il 13 dicembre 1294, quando Celestino V (Pietro da Morrone) rinunciò al pontificato per continuare la vita da eremita, mentre il 24 dicembre dello stesso anno, il collegio dei cardinali elesse Bonifacio VIII.
Con Roberto il Saggio, sovrano a partire dal 1309, il castello, oltre ad essere nuovamente ampliato e ristrutturato, divenne anche uno dei più importanti fulcri culturali della città grazie al suo grande interesse per le arti. Tra le sue stanze furono ospitate le più importanti personalità del tempo tra artisti medici e letterati, come Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio; inoltre gli artisti Pietro Cavallini e Montano d’Arezzo furono chiamati per affrescarne le pareti, mentre a Giotto furono affidate le decorazioni della Cappella Palatina.
A partire dal 1343, il castello divenne dimora di Giovanna I che lo abbandonò ai saccheggi del re d’Ungheria Luigi I il grande, arrivato in città con l’intento di vendicare la morte del re Andrea, suo fratello e marito di Giovanna, assassinato da una cospirazione di palazzo della quale la stessa sovrana era accusata di esserne l’organizzatrice. Così, al suo ritorno, Giovanna I fu costretta a riparare i danni e a ristrutturale l’edificio che, successivamente, resistette ad un altro attacco di Luigi I. In seguito, altri sovrani si succedettero al trono, fino a Giovanna II, ultima della dinastia angioina alla quale è legata una delle tante leggende di Napoli. Si narra, infatti, che la regina, donna risoluta, lussuriosa e sanguinaria, facesse rapire tra il popolo alcuni uomini con i quali passare la notte e, una volta soddisfatte le sue voglie, li facesse “sparire” in una botola nei sotterranei del castello dove venivano divorati da mostri marini. Addirittura si supponeva che tra le fondamenta dell’edificio vivesse un coccodrillo, giunto fino a Napoli dall’africa dopo aver attraversato il Mediterraneo.
A partire dal 1443, Alfonso d’Aragona diede il via alla dinastia aragonese. Il sovrano stabilì la sua residenza nel castello che fece restaurare e ricostruire dandogli l’aspetto attuale. I lavori furono affidati all’architetto catalano Guillem Sagrera che aggiunse le cinque torri principali, quattro delle quali inglobavano le precedenti a base quadrata, in modo da rendere la struttura più solida e adatta a contrastare i possibili bombardamenti nemici. Inoltre, fu ampliato il preesistente fossato e costruito il ponte levatoio per consentirne l’attraversamento in corrispondenza dell’ingresso.
Sempre allo stesso sovrano si deve la costruzione dell’arco trionfale, opera di Francesco Laurana e di altri artisti, cominciata nel 1453 e terminata nel 1479 dopo la morte di Alfonso V d’Aragona (1458). Successivamente, il figlio Ferdinando I dovette fronteggiare durante il suo regno, tra il 1485 e il 1486, la cosiddetta “congiura dei baroni”, organizzata da alcuni nobili contro il re che voleva limitarne i privilegi. L’epilogo di questa vicenda storica si ebbe proprio nel castello, nell’attuale “Sala dei baroni”, dove Ferdinando, con il pretesto di una riappacificazione, invitò tutti i congiurati ad una festa di nozze durante la quale, però, arresto tutti i suoi rivali, molti dei quali condannati poi a morte.
L’edificio subì un altro saccheggio nel 1494 ad opera di Carlo VIII di Francia, ma in seguito all’annessione del Regno di Napoli a quello di Spagna (1503), cominciò a perdere la sua funzione di residenza reale pur ospitando occasionalmente i sovrani in visita.
Il castello venne ristrutturato durante il regno di Carlo di Borbone, salito al trono nel 1734, ma era ormai un “semplice” presidio militare visto che in città o nei dintorni stavano nascendo o erano già nate altre realtà come Palazzo Reale, la Reggia di Capodimonte, la Villa Reale di Portici e la Reggia di Caserta. Venne nuovamente sistemato nel 1823 da Ferdinando I di Borbone, ma il suo utilizzo era ormai limitato a quello di arsenale di artiglieria.
Oggi il castello ospita il Museo Civico e la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria.
L’aspetto odierno del castello è quello conferitogli dai lavori di Alfonso d’Aragona, mentre dell’originaria struttura angioina rimane solo la Cappella Palatina (o Chiesa di Santa Barbara).
La pianta è di forma trapezoidale, con cinque grandi torri cilindriche che ne rafforzano la struttura, con un fossato che ne percorre il perimetro. Quattro di esse sono rivestite di piperno e una solo di tufo, mentre tutte sono ornate da merli e beccatelli. Le tre torri rivolte verso la piazza sono chiamate, da sinistra a destra, torre di San Giorgio, torre di Mezzo e torre di guardia. Dal lato del mare, invece, troviamo la torre dell’Oro e la torre di Beverello. All’interno di ogni torre si eleva una scala a chiocciola, detta “scala catalana”, che porta sul tetto alle postazioni di guardia.
All’ingresso del castello è possibile ammirare l’arco di trionfo e la porta bronzea che consentono l’accesso al cortile interno.
Alcune foto sono tratte da:
Wikipedia e da comune.napoli.it
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