Cimitero dei Colerosi
Storia e descrizione
Il Cimitero dei Colerosi si trova in Via Fontanelle al Trivio, accanto al Cimitero delle 366 Fosse.
Il campo santo fu costruito per far fronte alle gravi epidemie di colera che colpirono Napoli tra il 2 ottobre 1836 e l’8 marzo 1837 e dal 13 aprile al 24 ottobre 1837.
Un editto di inizio secolo proibiva di tumulare i corpi vicino ai centri abitati o, come spesso si faceva, nelle fosse comuni e nelle aree sottostanti le chiese, soprattutto nel caso in cui le morti sopraggiungevano a causa di malattie. Così, individuata un’area fuori le mura, si decise di aprire una fossa comune accanto al Cimitero delle 366 Fosse, abbattendone un muro. Successivamente, venne affidata la costruzione di un vero e proprio cimitero all’architetto Leonardo Laghezza, che si occupò anche della costruzione della Chiesa del Purgatorio.
Ampliato nel 1865 e nel 1884, il cimitero ospitò circa 18000 corpi, tra cui anche quelli di alcuni nobili e ricchi, come testimoniato dalle numerose cappelle gentilizie, tombe monumentali e statue (tra cui quella di San Rocco, protettore dei colerosi, scolpita nel 1860 dai fratelli Vincenzo e Giuseppe Annibale e collocata nel 1866), che si scorgono al suo interno. Tra questi ricordiamo Bernardo di Guèrard, pittore di Francesco Imperatore d’Austria, la duchessa Martina Caracciolo, sepolta in una cappella con cupola ad embrici smaltati, Domenico Capitelli, insigne giureconsulto, Raffaele Mariconda, avvocato, Gaetano d’Avalos, principe di Montesarchio, Carlo Antonio Manhes, generale di Francia, Francesco Durante, tenente colonnello di marina, e Achille Arnaud, famoso incisore di medaglie.
Come capitato ad altri cimiteri costruite per l’emergenza epidemie, il cimitero cadde in disuso, non prima di essere utilizzato come serra e ufficio giardini del Comune di Napoli.
Il campo santo fu costruito per far fronte alle gravi epidemie di colera che colpirono Napoli tra il 2 ottobre 1836 e l’8 marzo 1837 e dal 13 aprile al 24 ottobre 1837.
Un editto di inizio secolo proibiva di tumulare i corpi vicino ai centri abitati o, come spesso si faceva, nelle fosse comuni e nelle aree sottostanti le chiese, soprattutto nel caso in cui le morti sopraggiungevano a causa di malattie. Così, individuata un’area fuori le mura, si decise di aprire una fossa comune accanto al Cimitero delle 366 Fosse, abbattendone un muro. Successivamente, venne affidata la costruzione di un vero e proprio cimitero all’architetto Leonardo Laghezza, che si occupò anche della costruzione della Chiesa del Purgatorio.
Ampliato nel 1865 e nel 1884, il cimitero ospitò circa 18000 corpi, tra cui anche quelli di alcuni nobili e ricchi, come testimoniato dalle numerose cappelle gentilizie, tombe monumentali e statue (tra cui quella di San Rocco, protettore dei colerosi, scolpita nel 1860 dai fratelli Vincenzo e Giuseppe Annibale e collocata nel 1866), che si scorgono al suo interno. Tra questi ricordiamo Bernardo di Guèrard, pittore di Francesco Imperatore d’Austria, la duchessa Martina Caracciolo, sepolta in una cappella con cupola ad embrici smaltati, Domenico Capitelli, insigne giureconsulto, Raffaele Mariconda, avvocato, Gaetano d’Avalos, principe di Montesarchio, Carlo Antonio Manhes, generale di Francia, Francesco Durante, tenente colonnello di marina, e Achille Arnaud, famoso incisore di medaglie.
Come capitato ad altri cimiteri costruite per l’emergenza epidemie, il cimitero cadde in disuso, non prima di essere utilizzato come serra e ufficio giardini del Comune di Napoli.
Dove si trova - mappa
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