Fontana degli Incanti o della coccovaja
Storia e architettura
La Fontana degli incanti si trova in piazza Salvatore di Giacomo.
La sua collocazione originaria, però, era quella di Piazza del Porto (o dell’Olmo) che corrisponde alla zona occupata oggi dalle vie De Pretis, De Gasperi e S. Nicola alla Dogana. Fu realizzata per volere di don Pedro di Toledo, il quale affidò i lavori a Giovanni Merliano da Nola, che terminò la costruzione nel 1541. In seguito, collaborò anche lo scultore Annibale Caccavello, che qualche anno dopo, tra il 1561 e il 1567, scolpì la statua di Venere andata precedentemente distrutta. Il popolo diede alla fontana l’appellativo di Cöccövàja poichè la scultura raffigurante l’aquila con le armi di Carlo V sembrava una civetta (in latino cocovaja). Il nome “degli Incanti”, invece, deriva da due situazioni diverse: la prima, si collega ad una leggenda secondo la quale una strega, per far innamorare una giovane popolana di un nobile spagnolo, le fece bere una pozione preparata con l’acqua della fontana; l’altra, invece, più attendibile è riconducibile al fatto che, attorno alla costruzione, mercanti e venditori “incantavano” le proprie merci. Inoltre, a causa delle risse e dai tumulti che ne scaturivano, nel 1577, l’allora vicerè don Iñigo López de Mendoza marchese di Mondejar fu costretto a proibire questa pratica. Inoltre, la fontana, durante la festa di San Giovanni veniva addobbata e le statue che la componevano vestite con strani abiti.
La struttura subì dei gravi danni nel 1647 durante la rivoluzione di Masaniello e, nel 1649, il vicerè Giovanni d’Austria affidò il restauro a Donato Russo, Francesco Castellano e Antonio Iodice sotto la supervisione di Francesco Antonio Picchiatti. Altri restauri furono eseguiti nel 1725 e nel 1728, ma non ci sono più testimonianze dell’esistenza della fontana dal 1775 al 1834, anno in cui viene ricostruita da Pietro Bianchi. Infine, nel 1889, in occasione dei lavori del risanamento, fu smontata e conservata nei depositi comunali, per poi essere ricostruita agli inizi del secolo successivo nell’attuale collocazione.
La fontana è formata da una vasca circolare al centro della quale, una vasca più piccola, da cui sgorgava l’acqua, è sorretta da un basamento con capitelli floreali, ma è priva delle aggiunte novecentesche del Bianchi che aveva sistemato dei leoni sulle quattro punte del basamento.
La sua collocazione originaria, però, era quella di Piazza del Porto (o dell’Olmo) che corrisponde alla zona occupata oggi dalle vie De Pretis, De Gasperi e S. Nicola alla Dogana. Fu realizzata per volere di don Pedro di Toledo, il quale affidò i lavori a Giovanni Merliano da Nola, che terminò la costruzione nel 1541. In seguito, collaborò anche lo scultore Annibale Caccavello, che qualche anno dopo, tra il 1561 e il 1567, scolpì la statua di Venere andata precedentemente distrutta. Il popolo diede alla fontana l’appellativo di Cöccövàja poichè la scultura raffigurante l’aquila con le armi di Carlo V sembrava una civetta (in latino cocovaja). Il nome “degli Incanti”, invece, deriva da due situazioni diverse: la prima, si collega ad una leggenda secondo la quale una strega, per far innamorare una giovane popolana di un nobile spagnolo, le fece bere una pozione preparata con l’acqua della fontana; l’altra, invece, più attendibile è riconducibile al fatto che, attorno alla costruzione, mercanti e venditori “incantavano” le proprie merci. Inoltre, a causa delle risse e dai tumulti che ne scaturivano, nel 1577, l’allora vicerè don Iñigo López de Mendoza marchese di Mondejar fu costretto a proibire questa pratica. Inoltre, la fontana, durante la festa di San Giovanni veniva addobbata e le statue che la componevano vestite con strani abiti.
La struttura subì dei gravi danni nel 1647 durante la rivoluzione di Masaniello e, nel 1649, il vicerè Giovanni d’Austria affidò il restauro a Donato Russo, Francesco Castellano e Antonio Iodice sotto la supervisione di Francesco Antonio Picchiatti. Altri restauri furono eseguiti nel 1725 e nel 1728, ma non ci sono più testimonianze dell’esistenza della fontana dal 1775 al 1834, anno in cui viene ricostruita da Pietro Bianchi. Infine, nel 1889, in occasione dei lavori del risanamento, fu smontata e conservata nei depositi comunali, per poi essere ricostruita agli inizi del secolo successivo nell’attuale collocazione.
La fontana è formata da una vasca circolare al centro della quale, una vasca più piccola, da cui sgorgava l’acqua, è sorretta da un basamento con capitelli floreali, ma è priva delle aggiunte novecentesche del Bianchi che aveva sistemato dei leoni sulle quattro punte del basamento.
Tratto da: Aurelio De Rose, Le fontane di Napoli, Ed. Newton&Compton Roma Prima Ed. 1994, Tascabili Economici Newton, 1994
Dove si trova - mappa