Palazzo Latilla

Storia e architettura
Palazzo Latilla è ubicato in via Tarsia, ai numeri 28 e 31.
L’edificio venne costruito intorno al 1722, quando nella zona “fuori le mura” non esistevano ancora le numerose fabbriche presenti in epoca moderna. Inizialmente, la proprietà era del marchese Giovanni de Ruggero, all’epoca giudice della Gran Corte della Vicaria. In seguito, nel 1755, il suo erede Cesare cedette per 23200 ducati il palazzo al consigliere Ferdinando Latilla che, subito, chiese i permessi necessari per ampliare lo stabile.
I lavori vennero affidati all’architetto Mario Gioffredo che si avvalse della collaborazione di vari esperi, tra i quali il mastro fabbricatore Donato Cosentino, il piperniere Niccolò Cibelli e il mastro vasolaro Domenico Musella. L’opera si concluse dieci anni dopo, nel 1765, quando l’architetto aveva ormai concluso anche la realizzazione del secondo corpo di fabbrica. Dotò entrambi i palazzi di due portali simmetrici e disegno uguale, mentre la facciata venne innalzata su quattro piani, dove in quelli centrali si alternano balconi e finestre, al primo vi sono le aperture per le botteghe e, all’ultimo, solo balconi.
La storia ci porta poi, senza particolari avvenimenti di rilievo al 1984, quando l’Università degli Studi di Napoli acquistò entrambi i palazzi da due proprietari diversi: il primo, quello al civico 31, apparteneva alla famiglia Milano, mentre il secondo, al civico 28, era di proprietà dell’Ordine di Malta. In seguito, un tema di esperti si incaricò del restauro; così, con la supervisione degli architetti Augusto Vitale, Marisa Luisa Bonelli e Massimo Rosi, il progetto per la parte statica e direzionale fu affidato all’ing. Luciano Nunziante, mentre quello per gli interni all’architetto Domenico Orlacchio. I lavori, quindi, avevano l’obiettivo da ripulire la facciata da tutte le modifiche che ne avevano alterato l’aspetto originario e modificare gli ambienti interni per adattarli al nuovo uso.
Rimangono comunque elementi caratteristici risalenti ai primi anni del palazzo, come le mangiatoie e gli attacchi per i cavalli, ancora presenti in alcuni locali al piano terra, e la doppia scala in piperno che dal cortile raggiunge i piani superiori. Infine, al secondo piano, è ancora presente una piccola cappella con pavimento maiolicato risalente al 1762.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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