Villa Pignatelli Acton
Storia e architettura
Villa Pignatelli Acton si trova lungo la riviera di Chiaia al numero 200.
La storia di questa tenuta parte dal 1825, quando lord Guglielmo Drummon acquistò il terreno dai principi di Belvedere, per poi rivenderlo a Ferdinando Acton, nipote dell’ammiragli Jonh Francis Edward Acton. Il nuovo proprietario affidò il progetto e la costruzione della villa all’architetto Pietro Valente dove vi abitò fino al 1837, anno della sua morte a soli 35 anni. La moglie si risposò nel 1840 con il conte di Grandville e, l’anno successivo, vendette la villa a due acquirenti: una parte andò a Carlo Lefebvre e Francesco Verhulet, mentre l’altra, che comprendeva anche il vasto giardino, al barone e banchiere tedesco Carlo Mayer von Rothschild. Quest’ultimo, molto legato alla famiglia reale, dovette far fronte alla crisi economica del suo casato e, successivamente, nel 1860, anche alla fuga dei Borboni da Napoli, avvenimenti che lo costrinsero a vendere la propria parte nel 1867 al duca di Monteleone, il principe Diego Aragona Pignatelli Cortés.
Successivamente, la villa venne ereditata da Diego Pignatelli e dalla moglie Rosa Fici dei duchi di Amalfi, i quali ne fecero un centro d’incontro mondano organizzando concerti e avvenimenti culturali. Successivamente, la donna si dedicò ad arricchire il patrimonio di famiglia che poteva contare su numerosi testi antichi e opere d’arte. Alla sua morte, sopraggiunta nel 1952, Rosa Fici donò tutto allo Stato, compresa la villa, a condizione che venisse utilizzata per allestire un museo a nome del defunto marito nel quale esporre, senza trasferirle, tutti gli averi della sua famiglia.
La storia di questa tenuta parte dal 1825, quando lord Guglielmo Drummon acquistò il terreno dai principi di Belvedere, per poi rivenderlo a Ferdinando Acton, nipote dell’ammiragli Jonh Francis Edward Acton. Il nuovo proprietario affidò il progetto e la costruzione della villa all’architetto Pietro Valente dove vi abitò fino al 1837, anno della sua morte a soli 35 anni. La moglie si risposò nel 1840 con il conte di Grandville e, l’anno successivo, vendette la villa a due acquirenti: una parte andò a Carlo Lefebvre e Francesco Verhulet, mentre l’altra, che comprendeva anche il vasto giardino, al barone e banchiere tedesco Carlo Mayer von Rothschild. Quest’ultimo, molto legato alla famiglia reale, dovette far fronte alla crisi economica del suo casato e, successivamente, nel 1860, anche alla fuga dei Borboni da Napoli, avvenimenti che lo costrinsero a vendere la propria parte nel 1867 al duca di Monteleone, il principe Diego Aragona Pignatelli Cortés.
Successivamente, la villa venne ereditata da Diego Pignatelli e dalla moglie Rosa Fici dei duchi di Amalfi, i quali ne fecero un centro d’incontro mondano organizzando concerti e avvenimenti culturali. Successivamente, la donna si dedicò ad arricchire il patrimonio di famiglia che poteva contare su numerosi testi antichi e opere d’arte. Alla sua morte, sopraggiunta nel 1952, Rosa Fici donò tutto allo Stato, compresa la villa, a condizione che venisse utilizzata per allestire un museo a nome del defunto marito nel quale esporre, senza trasferirle, tutti gli averi della sua famiglia.
Esterno
Inizialmente, dalla bella cancellata, formata da lance in ferro e varie decorazioni e affiancata dalle abitazioni dei custodi, si accedeva alla villa attraverso due rampe che consentivano alle carrozze di avvicinarsi all’edificio. In seguito, tra il 1841 e il 1842, un architetto francese e, poi, Gaetano Genovese, chiamato anche per rifinire le decorazioni degli interni, realizzarono l’attuale scalinata in marmo.
La villa presenta una pianta quadrata, risultato dei due rettangoli uguali che la compongono. Il corpo principale si sviluppa su due piani ed è anticipato da un portico, realizzato da Guglielmo Bechi, con dieci colonne in marmo bianco di ordine dorico, accessibile attraverso alcuni scalini di marmo. Sul fronte settentrionale, troviamo un altro porticato con quattro pilastri e altrettante semicolonne doriche, dal quale è possibile accedere al piano terra.
Inoltre la villa è circondata da un giardino all’inglese, nel quale, verso la fine del XX secolo sono state aggiunte altre costruzioni come la torretta neogotica, la serra e lo chalet.
La villa presenta una pianta quadrata, risultato dei due rettangoli uguali che la compongono. Il corpo principale si sviluppa su due piani ed è anticipato da un portico, realizzato da Guglielmo Bechi, con dieci colonne in marmo bianco di ordine dorico, accessibile attraverso alcuni scalini di marmo. Sul fronte settentrionale, troviamo un altro porticato con quattro pilastri e altrettante semicolonne doriche, dal quale è possibile accedere al piano terra.
Inoltre la villa è circondata da un giardino all’inglese, nel quale, verso la fine del XX secolo sono state aggiunte altre costruzioni come la torretta neogotica, la serra e lo chalet.
Interni
Gli interni, oggi adibiti a sale del museo, quando furono realizzati dovevano aderire all’allora gusto inglese, quindi al seminterrato dovevano trovarsi le cucine, le dispense e le cantine, al piano terra gli ambienti per i ricevimenti e al primo piano gli appartamenti dei proprietari e il sottotetto quelli della servitù.
Attraverso il vestibolo, con pavimento in marmi commessi, si accede alle stanze del piano terra. La sala da pranzo, decorata da stucchi sulla volta bianca e con il parquet voluto dagli stessi Pignatelli; il salotto verde, nel quale sono esposte le porcellane, utilizzato un tempo come camera di compagnia visto che permette l’accesso alla sala precedente e alla biblioteca. Quest’ultima era inizialmente utilizzata come sala dei quadri e del biliardo dalla famiglia Acton, poi trasformata dalla famiglia Pignatelli agli inizi del XX secolo con l’inserimento del pregiato parato in cuoio e oro. Dal salotto verde, si accede a quello rosso, rivisto per volontà del barone Rothschild che affidò ad un ignoto architetto francese le decorazioni in stucco bianco, poi rivisitate da Gaetano Genovese. Di seguito, troviamo il salotto verde, altra camera di compagnia, rivestito alla fine del XIX secolo da pannelli di legno intagliato, mentre il pavimento conserva alcune tracce dell’originale decorazione. Da qui si arriva al salone delle feste (o sala degli specchi), quest’ultimo diviso in due parti, una destinata agli ospiti e l’altra agli orchestrali, con le pareti decorate da un intonaco rosa e da grandi specchiere con cornici in legno intagliato e dorato. Dal fondo del precedente ambiente, inoltre, è possibile accedere alla sala pompeiana, progettata dall’architetto Guglielmo Bechi, che decorò la stanza con dipinti ad olio su muro, su legno e su carta, questi ultimi incollati sotto vetro ed ispirate a due opere di Nicola Volpe e Gennaro Maldarelli raffiguranti Marte e Venere e il Ratto delle Naiadi. Infine, la veranda, originariamente progettata dal Valente per essere un portico scoperto, vide l’aggiunta del tetto metallico per volontà della famiglia Pignatelli.
Al primo piano, invece, accessibile attraverso lo scalone principale, troviamo le residenze padronali dove sono esposte altre collezioni d’arte che, come nel resto della residenza, si alternano agli oggetti che la famiglia Pignatelli realmente utilizzava durante le giornate.
Attraverso il vestibolo, con pavimento in marmi commessi, si accede alle stanze del piano terra. La sala da pranzo, decorata da stucchi sulla volta bianca e con il parquet voluto dagli stessi Pignatelli; il salotto verde, nel quale sono esposte le porcellane, utilizzato un tempo come camera di compagnia visto che permette l’accesso alla sala precedente e alla biblioteca. Quest’ultima era inizialmente utilizzata come sala dei quadri e del biliardo dalla famiglia Acton, poi trasformata dalla famiglia Pignatelli agli inizi del XX secolo con l’inserimento del pregiato parato in cuoio e oro. Dal salotto verde, si accede a quello rosso, rivisto per volontà del barone Rothschild che affidò ad un ignoto architetto francese le decorazioni in stucco bianco, poi rivisitate da Gaetano Genovese. Di seguito, troviamo il salotto verde, altra camera di compagnia, rivestito alla fine del XIX secolo da pannelli di legno intagliato, mentre il pavimento conserva alcune tracce dell’originale decorazione. Da qui si arriva al salone delle feste (o sala degli specchi), quest’ultimo diviso in due parti, una destinata agli ospiti e l’altra agli orchestrali, con le pareti decorate da un intonaco rosa e da grandi specchiere con cornici in legno intagliato e dorato. Dal fondo del precedente ambiente, inoltre, è possibile accedere alla sala pompeiana, progettata dall’architetto Guglielmo Bechi, che decorò la stanza con dipinti ad olio su muro, su legno e su carta, questi ultimi incollati sotto vetro ed ispirate a due opere di Nicola Volpe e Gennaro Maldarelli raffiguranti Marte e Venere e il Ratto delle Naiadi. Infine, la veranda, originariamente progettata dal Valente per essere un portico scoperto, vide l’aggiunta del tetto metallico per volontà della famiglia Pignatelli.
Al primo piano, invece, accessibile attraverso lo scalone principale, troviamo le residenze padronali dove sono esposte altre collezioni d’arte che, come nel resto della residenza, si alternano agli oggetti che la famiglia Pignatelli realmente utilizzava durante le giornate.
Dove si trova - mappa
Foto
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Le foto sono tratte da: Wikipedia, da Flickr.com e da napolibeniculturali.it