Duomo di Napoli – Abside
Storia e descrizione
Come
ogni altra zona della chiesa, anche l’abside è stato rimodellato nel corso dei
secoli e non conserva quasi nulla dell’originaria struttura gotica, sia
all’interno che all’esterno.
Alla fine del ‘500, in occasione di alcuni restauri, il piano absidale fu rialzato per volontà del Cardinale Alfonso Gesualdo. Altre modifiche, questa volta davvero sostanziali, arrivarono nel 1741 per opera del senese Paolo Posi, su commissione del Cardinale Spinelli. La volta gotica fu demolita e abbassata di circa cinque metri e l’opera portò alla copertura di alcuni affreschi cinquecenteschi di Giovanni Balducci. Le bifore che scamparono alla ristrutturazione furono trasformate in grandi finestre che portarono maggiore luce alla zona dell’abside. Il presbiterio venne allungato, mentre il coro, scolpito tra il 1616 e il 1617 da Marc’Antonio Ferraro, fu trasferito dalla navata centrale nella tribuna.
Anche l’altare originale venne rifatto e riconsacrato nel 1744 dal Cardinale Spinelli. Il sarcofago è opera di Pientro Bracci, mentre le modanature e i fregi di rame dorato di Nicola de Blasio.
Dietro l’altare sono sistemate le reliquie di Sant’Agrippino e dei martiri Acuzio e Eutiche, mentre in alto troviamo il crocefisso di età romanica (Duecento), originariamente collocato nella seconda cappella di destra. In origine, invece, si poteva ammirare la reliquia della Croce, ora sistemata nella cappella delle reliquie. La pala raffigurante l’Assunta del Perugino fu sostituita dall’Assunta in gloria, opera in marmo e stucco di Pietro Bracci, ispirata alla Gloria del Bernini in Vaticano.
Il Coro degli angeli nella volta e la tela raffigurante San Gennaro e Sant’Agrippino che proteggono Napoli dai Saraceni nel 937 sono opera del romano Stefano Pozzi. Del pugliese Corrado Giaquinto, invece, è la tela che raffigura la Traslazione delle reliquie di Acuzio ed Eutiche avvenuto nell’VIII secolo.
Agli angoli del presbiterio si trovano due colonne di diaspro rosso, provenienti da uno scavo nei pressi della chiesa di San Gennaro all’Olmo. Ai lati della tribuna, invece, alla base dei pilastri troviamo delle epigrafi di Alessio Simmaco Mazzochi in memoria dei restauri del 1744, del nuovo ingresso alla cripta e della consacrazione del nuovo altare.
Nell’Ottocento, con un nuovo restauro progettato dall’architetto Michele Ruggiero per volere del Cardinale Riario Sforza, fu eliminato il soffitto a cassettoni e furono rifatti stucchi e dorature con l’inserimento dei due ovali in cui sono conservati i busti di San Gennaro e Sant’Atanasio, entrambi opera di Ignazio Pericci.
Alle pareti laterali dell’abside si trovano due lapidi che ricordano la visita di Pio IX del 1849 durante l’esilio napoletano.
Alla fine del ‘500, in occasione di alcuni restauri, il piano absidale fu rialzato per volontà del Cardinale Alfonso Gesualdo. Altre modifiche, questa volta davvero sostanziali, arrivarono nel 1741 per opera del senese Paolo Posi, su commissione del Cardinale Spinelli. La volta gotica fu demolita e abbassata di circa cinque metri e l’opera portò alla copertura di alcuni affreschi cinquecenteschi di Giovanni Balducci. Le bifore che scamparono alla ristrutturazione furono trasformate in grandi finestre che portarono maggiore luce alla zona dell’abside. Il presbiterio venne allungato, mentre il coro, scolpito tra il 1616 e il 1617 da Marc’Antonio Ferraro, fu trasferito dalla navata centrale nella tribuna.
Anche l’altare originale venne rifatto e riconsacrato nel 1744 dal Cardinale Spinelli. Il sarcofago è opera di Pientro Bracci, mentre le modanature e i fregi di rame dorato di Nicola de Blasio.
Dietro l’altare sono sistemate le reliquie di Sant’Agrippino e dei martiri Acuzio e Eutiche, mentre in alto troviamo il crocefisso di età romanica (Duecento), originariamente collocato nella seconda cappella di destra. In origine, invece, si poteva ammirare la reliquia della Croce, ora sistemata nella cappella delle reliquie. La pala raffigurante l’Assunta del Perugino fu sostituita dall’Assunta in gloria, opera in marmo e stucco di Pietro Bracci, ispirata alla Gloria del Bernini in Vaticano.
Il Coro degli angeli nella volta e la tela raffigurante San Gennaro e Sant’Agrippino che proteggono Napoli dai Saraceni nel 937 sono opera del romano Stefano Pozzi. Del pugliese Corrado Giaquinto, invece, è la tela che raffigura la Traslazione delle reliquie di Acuzio ed Eutiche avvenuto nell’VIII secolo.
Agli angoli del presbiterio si trovano due colonne di diaspro rosso, provenienti da uno scavo nei pressi della chiesa di San Gennaro all’Olmo. Ai lati della tribuna, invece, alla base dei pilastri troviamo delle epigrafi di Alessio Simmaco Mazzochi in memoria dei restauri del 1744, del nuovo ingresso alla cripta e della consacrazione del nuovo altare.
Nell’Ottocento, con un nuovo restauro progettato dall’architetto Michele Ruggiero per volere del Cardinale Riario Sforza, fu eliminato il soffitto a cassettoni e furono rifatti stucchi e dorature con l’inserimento dei due ovali in cui sono conservati i busti di San Gennaro e Sant’Atanasio, entrambi opera di Ignazio Pericci.
Alle pareti laterali dell’abside si trovano due lapidi che ricordano la visita di Pio IX del 1849 durante l’esilio napoletano.
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