Duomo di Napoli – Succorpo e Cripta di San Gennaro
Storia e descrizione
Le reliquie di San Gennaro presenti nella cripta, dopo varie vicissitudini, vi
furono definitivamente trasferite al termine della sua costruzione, cominciata
nel dicembre del 1497 e prolungatasi fino al 1506. Il Succorpo rappresenta la
più grande opera del rinascimento napoletano.
L’opera fu commissionata dal Cardinale Oliviero Carafa al comasco Tommaso Malvito che vi lavorò insieme al figlio Giovan Tommaso e ad altri artisti del tempo. Visti alcuni impedimenti architettonici, l’unica soluzione fu quella di scavare un nuovo ambiente che consentì all’architetto comasco di costruire un ambiente in pieno stile rinascimentale, ispirato alle tecniche architettoniche e decorative del Bramante.
L’accesso alla cripta è possibile grazie a due rampe, disegnate da Francesco Jerace e realizzate nella bottega dei Catello ad inizio ‘900, e da un corridoio ellittico. Il locale, diviso in tre navate da 10 colonne, misura 12 per 9 metri ed è alto 4. Il soffitto è formato da 18 cassettoni, in ognuno dei quali è raffigurato un santo con quattro Cherubini. Nelle formelle sono raffigurati in bassorilievo la Madonna con il Bambino, San Pietro e San Paolo, gli Evangelisti, i Dottori della Chiesa e i sette patroni della città.
Su ogni lato troviamo cinque nicchie, ognuna con un altare, e, in fondo, una piccola abside, in cui possiamo trovare l’altare in cui sono custodite le reliquie di san Gennaro. L’abside è di forma quadrata e coperto da una cupola decorata da ritratti in due medaglioni, mentre nell’intradosso delle finestre si possono notare degli angeli con lo stemma dei Carafa.
Il pavimento è in marmi policromi, studiato in modo che, con i suoi comparti geometrici, potesse richiamare lo stile cosmatesco. All’ingresso, una statua del Cardinale Oliviero Carafa, opera anch’essa di Tommaso Malvito, e delle porte di bronzo risalenti al XVI secolo con i simboli dei Carafa.
L’opera fu commissionata dal Cardinale Oliviero Carafa al comasco Tommaso Malvito che vi lavorò insieme al figlio Giovan Tommaso e ad altri artisti del tempo. Visti alcuni impedimenti architettonici, l’unica soluzione fu quella di scavare un nuovo ambiente che consentì all’architetto comasco di costruire un ambiente in pieno stile rinascimentale, ispirato alle tecniche architettoniche e decorative del Bramante.
L’accesso alla cripta è possibile grazie a due rampe, disegnate da Francesco Jerace e realizzate nella bottega dei Catello ad inizio ‘900, e da un corridoio ellittico. Il locale, diviso in tre navate da 10 colonne, misura 12 per 9 metri ed è alto 4. Il soffitto è formato da 18 cassettoni, in ognuno dei quali è raffigurato un santo con quattro Cherubini. Nelle formelle sono raffigurati in bassorilievo la Madonna con il Bambino, San Pietro e San Paolo, gli Evangelisti, i Dottori della Chiesa e i sette patroni della città.
Su ogni lato troviamo cinque nicchie, ognuna con un altare, e, in fondo, una piccola abside, in cui possiamo trovare l’altare in cui sono custodite le reliquie di san Gennaro. L’abside è di forma quadrata e coperto da una cupola decorata da ritratti in due medaglioni, mentre nell’intradosso delle finestre si possono notare degli angeli con lo stemma dei Carafa.
Il pavimento è in marmi policromi, studiato in modo che, con i suoi comparti geometrici, potesse richiamare lo stile cosmatesco. All’ingresso, una statua del Cardinale Oliviero Carafa, opera anch’essa di Tommaso Malvito, e delle porte di bronzo risalenti al XVI secolo con i simboli dei Carafa.
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