Scetavajasse

Scetavajasse

scetavajasse‘O scetavajasse è uno strumento composto da due parti, due aste di legno, delle quali una è iscia e l’altra presente una faccia dentellata con ai lati dei piattini metallici (a volte i piattini possono trovarsi anche sulla faccio opposta alla dentellatura).A volte, durante le rappresentazioni folkloristiche, entramvi i bastoni sono decorati con nastri colorati, mentre alcuni strumenti possono essere arricchiti con dei piccoli intarsi.
Il suono viene riprodotto facendo scorrere l’altra asta lungo la faccia dentata dell’altra (appoggiata alla spalla, quasi fosse un violini), producendo il caratteristico strepitio (in napoletano è detto “nfrunfrù”) causato soprattutto dalla vibrazione dei piattini.
Ed è prorio il suono dello strumento che gli ha conferito l’originale nome di Scetavajasse che, letteralmente, deriva dalla composizione di “sceta” (sveglia) e vajasse (serva o domestica, ma anche usato come sinonimo di donna di bassa condizione civile, sguaiata e volgare). Si accompagna generalmente ad altri strumenti come il putipù e le triccheballacche.
In passato, esisteva un secondo tipo di scetavajasse, detto “pandola”, che era costituita da due canne di bambù, una delle quali dentellata, che si infilavano una dentro l’altra per produrre il suono. Ma la fragilità dei materiali con cui lo strumonento era costruito lo ha condannato ad una graduale scomparsa.

Caccavella o Putipù

Caccavella o Putipù

Caccavella o PutipùLa caccavella (o Putipù) era costituito originariamente da una pentol di coccio abbastanza ampia, sulla quale veniva distesta una pelle di ovino, fissata ai bordi con dello spago. Al centro, veniva poi praticato un piccolo buco attraverso il quale si infilatava un’asta di legno che, dopo essere stata inumidita, produceva grazie ad un movimento verticale il tipico suono, simile al contrabbasso (evocato anche dal nome putipù), dove la pentola descritta in precedenza faceva da cassa di risonanza.
Nel corso dei secoli, poi, la cassa di risonanza venne sostituita da una struttura in legno e la membrana fissata in modo più saldo ad essa, ma il principio di funzionamento dello strumnento rimase intatto.
Veniva utilizzato in occasione di molte feste, come matrimoni, Capodanno e Carnevale, ma anche durante la Settimana Santa o per l’uccisione del maiale.

Triccheballacche

Triccheballacche

Triccheballacche‘O triccheballacche è un tipico strumento molto diffuso in tutta l’Italia centro-meridionale che, come molti altri, viene suonato a percussione o a scuotimento.
E’ formato da tre aste di legno, alle cui estremità vi sono altrettanti cilindri di legno che vanno a formare tre “martelli”. Le estremità opposte, invece, sono fissate ad una base che, insieme ad un altra intelaiatura superiore, ne regola e limita l’oscilazione. Ai lati e a volte anche sulla testa dell’asse centrale, sono posti dei piattini di metallo per aumentare il fragore dello strumento.
Il triccheballacche si suona impugnando l’asta centrale e facenso oscillare quelle laterali che, sbattendo tra loro provocano a loro volta il tintinnio dei piattini, in modo da provocare un suono simile a quello del tamburello.
Come in molti altri casi, anche questo strumento, durante le raprresentazioni folkloristiche, viene decorato con nastri e fiocci colorati e, le parti in legno, con fregi e intarsi.

Mandolino

Mandolino

mandolinoIl mandolino è lo strumento principe della musica napoletana, simile al liuto e alla chitarra.
Le sue radici sono antichissime, tanto che i suoi primi antenati, come l’oud arabo e il barbat, risalgono persino al IX o X secolo a.C., mentre il suo utilizzo era comune anche nell’impero Romano. Tuttavia, l’orgine del classico mandolino napoletano viene fissata intorno alla metà del XVIII secolo, periodo in cui si ritiene iniziò la produzione da parte della celebre Casa Vinaccia, che li arricchiva con intarsi e decorazioni in avorio e madreperla. Sempre a questa casa produttrice, sembra che si debba la sostituzione, ad inizio ‘800, delle corde in ottone con quelle di acciaio.
Lo strumento è costituito da un manico, lungo circa 40 cm, e da una cassa, la cui forma e profondità varia a seconda dei modelli: nei mandolini classici, infatti, il profilo ricorda più da vicino una “V”, menre il quelli più moderni una “U”. Lungo il manico si trova la tastiera, dove sono incastonati i tasti (in origine di ottone) sui i quali vengono premute le corde per ottenere la tonalità desiderata. I numero dei tasti vairia dai 17 ai 29 dei modelli più costosi e professionali.
Inizialmente, lo strumento era costruito con legni e materiali pregiati, visto che veniva considerato uno strumento “nobil”, ad uso esclusivo dei più ricchi, che potevano permettersi di pagare un costo elevato per lo strumento. La sua importanza era anche alimentata dal fatto che anche i più famosi musicisti scrivevano opere per mandolino; purtroppo, soprattutto a casua dei cambiamenti sociali ed economici a seguito delle due Guerre Mondiali, il mandolino venne accantonato e “declassato” tra gli strumenti utilizzati soprattutto per la musica popolare, diventando il simbolo dei suonatori di della posteggia napoletana.

Ciaramella

Ciaramella

ciaramellaLa ciaramella è uno strumento a fiato, simile al piffero, spesso inserito nelle cornamuse per relalizzare la melodia.
E’ costituita da un unico pezzo di legno (solitamente ebano, cilieglio o ulivo), che si apre sul fondo a forma di camapana, lungo tra i 30 e i 35 cm. Presenta sette fori nella parte anteriore e uno in quella posteriore, a cui se ne aggiungono altri sul padiglione (da 1 a 6) utilizzati per dare l’intonazione.
Nel medioevo, veniva utilizzata soprattutto le feste di corte, incoronazioni, celebrazioni della caccia, musiche pastorali e, naturalmente, feste popolari. Col passare del tempo, a partire dal XVII secolo, i miglioramenti a cui fu sottoposta la trasformarono in oboe e in corno inglese, mentre la ciaramella vera e propria sopravvive ancora solo per manifestazioni folkloristiche, anche se sempre di più soppiantata da strumenti più moderni come il clarinetto ed il flauto.

Zampogna

Zampogna

zampognaLa zampogna è uno strumento a fiato, tipico del sud italia, formato da 4 o 5 canne di legno e da una sacca in cui viene accumulata l’aria soffiata dal suonatore.
Lo strumento è di origine antichissima, già diffuso in periodo romano, nel quale persino l’imperatore Nerone era annoverato tra i suoi estimatori. Nei secoli, soprattutto a partire dal medioevo, la zampogna si diversificò dando cita a diverse varietà locali, tra cui la cornamusa scozzese, la musetta francese e la piva.
le canne di cui è dotata la zampogna sono inserite in ceppo di legno, ma solo due canne vengono utilizzate per la melodia, mentre le altre suonano una nota fissa. Al ceppo viene legata la sacca, realizzata solitamente con pelle di capra o di pecora, nella quale il suonatore soffia l’aria utilizzando un insufflatore, facendo vibrare le ance poste al termine delle canne.
In passato, la zampogna era lo strumento con il quale si scandivano i momenti salienti del calendario agricolo, mentre nei centri urbani, il suonatore di zampogna (solitamente in coppia con un altro musicista dotato di ciaramella) si vedeva solo in occasione del Natale.

Calascione

Calascione

CalascioneIl calascione, versione napoletana del colascione, è uno strumento risalente al XVII secolo, caratterizzada da un manico lunghissimo (tra 1 e due metri) a fronte di una cassa molto piccola. Detto anche “tiorba a taccone”, il suo nome, pur ispirandosi allo strumento arabo “tambur”, deriva dal greco “galischan” (piccola cesta).
Veniva utilizzato nei complessi per realizzare il cosiddetto “basso continuo”, in accompagnamento alle melodie. La sua lunghezza gli permetteva di avere da 16 a 24 tasti, ed il suono veniva prodotto utilizzando 3 corde. Solo successivamente, nel XVIII secolo, il numero delle corde salì a 5 e a 6.
Il calascione napoletano, più piccolo del Colascione, nonostante fosse uno strumento popolare (Pulcinella è spesso rappresentato con questo strumento), era spesso costruito con legni pregiati e intarsi, con decorazioni in madreperla e avorio.
Cadde in disuso a partire dalla fine del XVIII secolo, prima negli ambienti nobili e, poi, anche in quelli popolari, soppiantato da strumeti più moderni.

Sisco

Sisco

siscoIl Sisco (detto anche piffero o zufolo) è un piccolo flauto dolce costituito solitamente da materiale povero, come una canna di bambù (anche se ve ne sono esemplari in legno, terracotta, osso e perfino avorio), con il quale si producono suoni molto acuti.
Era solitamente dotato di un unico foro, ma esistevano anche versioni più evolute con almeno 3 o 4 aperture.
Era lo strumento preferito soprattutto dai bambini che, in tempi in cui le condizioni economiche non permettevano di meglio, lo utilizzavano come giocattolo. Nonostante questo, esisteva comunque qualche suonatore esperto che riusciva a ricavare melodie complesse.

Sisco a dduje

Sisco a dduje

‘O “sisco a dduje” (detto anche piffero o zufolo) è un flauto doppio formato da due canne, che potevano avere entrambe la stessa imboccatura oppure essere indipendenti. In entrabi i casi, le canne potevano essere parallele o “a V”.
Secondo la tradizione, la canna destra (detta “maschio”) aveva 4 fori, mentre la sinistra (detta “femmina!) uno in meno.
Durante le feste popolari e le tarantelle, veniva utilizzato insieme al “sisco” singolo e ad altri strumenti.

Tromma

Tromma

TrommaLa tromma (o scacciapensieri) è uno stumento idiofono a bocca, di origine asiatica, diffuso in quasi tutto il mondo.
In Italia arriva intorno al XIV secolo, portato in Europa dalle popolazioni nomadi (da cui ne dericò la denominazione popolare di “tromba degli zingari”), che lo utlizzavano durante le feste e lo vendevano agli abitanti del luogo.
La tromma era formato tipicamente da un telaio e una linguetta, entrambe in metallo. Il primo, a forma di ferro di cavallo, termina con due bracci allungati molto vicini tra loro, giusto lo spazio per il passaggio della linguetta, saldata sul fondo del telaio e libera dall’altro.
Il suonatore stringe tra i denti lo strumento dalla parte più arrotondata, mentre con le dita si fa vibrare la linguetta di metallo, utilizzando la cavità orale come cassa armonica. Il suono prodotto varia a seconda di come e quanto si apre la bocca e muovendo in modo opportuno la lingua.